mercoledì 8 aprile 2015

Da Blogspot a Wordpress!

Ebbene, ho deciso di cambiare casa: da oggi mi trovate sulla piattaforma Wordpress.
Sempre su FILA7POSTO23.


sabato 4 aprile 2015

Nickname: kiadowney | 50 anni di Robert Downey Jr.

Il palinsesto di Mediaset prevede circa tre volte all'anno la messa in onda di alcuni film in particolare: Batman di Tim Burton, Mamma ho perso l'aereo e sequel, Ghostbusters e 2, Quattro fantasmi per un sogno, Only you - Amore a prima vista, ecc. ecc.
Mi sono trovata spesso, quindi, i sabato pomeriggio a stravaccarmi sul divano con la tv accesa e i film citati prima sullo schermo.
Un fatto strano poi, nel lontano 2008, cambiò tutto. Non so se fu quella scintilla a far scattare in me l'amore per il Cinema o la curiosità verso il mondo cinematografico, eppure il 3 Maggio di quell'anno qualcosa ha fatto scoccare un colpo di fulmine che ancora oggi continua.
Iron Man è stato un punto di svolta universale: ha segnato l'inizio di una miriade di film che hanno cambiato la concezione di Cinecomic, ha segnato anche la ribalta di un attore che fino ad allora era caduto in un abisso senza fine a causa di un passato turbolento fatto di droga, arresti, riabilitazione.
Quel giorno al Cinema mi sono innamorata di Robert Downey Jr. Mi sono innamorata come una ragazzina della mia età, una cotta istantanea, potente, rapida: "Caspita! Ma quel tipo l'ho già visto in tv!". Quell'estate è stata l'estate di Robert Downey Jr. Ho iniziato a documentarmi su di lui, salvavo centinaia di foto sul mio computer fisso, perdevo ore a rivederle e con un rudimentale programma di photo editor mi divertivo a creare collage che, se rivedo ora, ancora mi chiedo quale mente malsana abbia potuto concepire cose del genere.
Sempre quell'estate ho scoperto un piccolo forum sull'allora frequentatissimo circuito Forumcommunity: quel forum, ancora oggi attivo e frequentato, ora è diventato ROBERT DOWNEY JR. Italia, il più grande fanclub italiano dedicato a lui e presente su tutti i Social principali.



Robert Downey Jr. è dal 2008 il mio attore preferito, eppure, a parte quei mesi di adolescenziale passione iniziale, non amo ostentare il mio amore per lui. Non credo sia un attore nè un uomo perfetto.
Certo, potrei star qui a parlarvi del suo passato condannabile, del fatto che certamente non è oggetto dei gossip più clamorosi, che non sempre è disponibile con i fan: certamente non è un santo.
In questi anni, seguendolo passivamente, ho imparato a guardare con sguardo attento, ma distaccato tutti i suoi lavori e le vicende più importanti della sua vita. Per me è più che altro un simbolo, un punto fermo della mia passione per il Cinema: il ragazzo prodigio, caduto lungo la via, si è rialzato arrancando, è caduto nuovamente, poi, come una fenice, è risorto dalle sue ceneri diventando l'icona cult di questi anni '10.
Per tutti è Iron Man...per me è anche Charlie Chaplin, Sherlock Holmes, Dito Montiel, Larry Paul, Vivien Thompson, Hank Palmer, Harry Lockhart, Kirk Lazarus...
Robert Downey Jr. porta con se tutti i suoi ruoli, come fossero veramente parte del suo essere, ed io adoro tantissimo queste sue sfumature (che son più di 50): mi piace quando, durante gli eventi pubblici, si atteggia, forse anche con ironica arroganza, come il personaggio del momento. 
In Tropic Thunder, Kirk Lazarus diceva:Non esco dal personaggio finché non ho girato gli extra del DVD!” 
A mio parere questa frase raccoglie l'essenza di Robert. E' un attore che ama intrattenere il suo pubblico dandogli quel che vuole.

Per questo suo importante compleanno vorrei augurargli ciò che augurerei ad una persona che stimo molto: la forza di continuare su una strada positiva, intrapresa, in particolare, anche grazie al sostegno di una donna straordinaria (Susan n.d.r.) e ad una famiglia in crescita, la creatività nel continuare a lavorare su ruoli sempre diversi e versatili, la voglia di continuare ad intrattenere i propri fan senza perdere quel pizzico di follia che lo contraddistingue.



Ciò detto, è impossibile non elogiare la grande espressività e capacità di uno dei migliori attori della sua generazione. Indimenticabili sono alcune sue performance precedenti al 2008, basti ricordare alcuni film a cui ha preso parte: dal citato Charlot in cui interpreta magistralmente l'icona del Cinema Charlie Chaplin che gli ha valso la sua prima nomination ai Premi Oscar, passando per Assassini Nati di Oliver Stone, Restoration - Il Peccato ed il Castigo, The Singing Detective, Kiss Kiss Bang Bang, Guida per riconoscere i tuoi santi, Fur - Un ritratto immaginario di Diane Arbus fino a Zodiac di David Fincher e al più recente The Judge. 
Un artista completo, non solo attore, ma anche cantante (The Futurist è il suo unico e delicato album pubblicato nel 2004) sportivo (pratica Wing Chun King Fu da anni) creativo e filantropo (tante sono le iniziative a cui prende parte).

Insomma, parlare di Robert Downey Jr. non è semplice nè sbrigativo: potrei scrivere della sua vita, delle sue batoste, dei suoi enormi sbagli e difetti, delle sue vittorie, delle sue paparazzate in giro per Malibu, potrei elogiarlo come una ragazzina innamorata follemente di lui, ma non lo farò. Continuerò a seguirlo come ho sempre fatto, come una semplice fan dispersa fra la folla, amandolo e criticandolo, sempre grata per quella scintilla che ha acceso in me un grande mondo.



BUON COMPLEANNO ROBERT!

Come admin del fanclub italiano più numeroso RDJ ITALIA, per festeggiare il suo compleanno, ho realizzato un video celebrativo in cui i protagonisti sono proprio i fan italiani. Eccolo qui:





sabato 21 marzo 2015

Cenerentola di Kenneth Branagh: la delicatezza di un Classico moderno.

Amo spesso definire Kenneth Branagh come Shakespeariano, non solo per l'aver preso parte e diretto numerose commedie e tragedie tratte dalle opere di William Shakespeare, ma soprattutto per l'impronta, che ricorda appunto la scrittura del più famoso scrittore britannico, nei suoi lavori da regista. Come in Thor, o Frankenstein di Mary Shelley, la presenza di Shakespeare, seppur lieve è sospirata ed onnipresente. E quale punto di riconoscimento che sia, l'elemento Shakespeare non poteva mancare nemmeno in Cinderella, remake in live action del famosissimo lungometraggio d'animazione del 1950, Cenerentola.





Il film è letteralmente una favola. Non vuole dimostrare niente più di questo. Branagh riesce a confezionare un prodotto cinematografico per un vasto pubblico, senza strafare ma, semplicemente, rendendo moderna una favola classica. 

Un cast azzeccatissimo e tutto britannico compone la rosa dei personaggi presenti in Cinderella. Lily James, con la sua gentilezza e i modi del tutto limpidi e genuini, è praticamente perfetta per la parte di Ella e ben controbilancia la presenza di Cate Blanchett come la Matrigna Cattiva, che nonostante l'innegabile e acclarata bravura, riesce a dosare la sua interpretazione senza mai mettere in secondo piano la protagonista: la sua Lady Tremaine è tanto crudele quanto cinica e logica. Richard Madden, libero da barba, è il Principe (finalmente con un nome, dovrete scoprirlo da voi, non ve lo svelo): svestitosi dei panni di Robb Stark nel Trono di Spade, l'attore scozzese riesce a fare colpo non solo su Ella: complice la bravura o i profondi occhi blu? (Forse entrambe le cose).
Derek Jacobi è il Re: una piccola interpretazione la sua, eppure è impossibile non rimanere estasiati da questo immenso attore inglese, visto di recente assieme a Ian McKellen nell'esilarante sitcom di ITV, Vicious. Vorrei potervi dire quale scena in particolare tra lui e il Principe mi abbia davvero toccato il cuore, ma anche qui, vi invito a scoprirlo da soli. 
Helena Bonham Carter è la Fata Madrina: è magnifica, dolce e seppur l'abbigliamento ricordi molto poco la Fata del Cartone Animato, i modi, le movenze e l'ironia, d'altra parte, le rendono estrema giustizia. 
Concludono il cast anche Hayley "Peggy Carter" Atwell e Ben Chaplin come gli amabili genitori di EllaHolliday Grainger e Sophie McShera rispettivamente Anastasia e Genoveffa, sorellastre punzecchianti e viziatissime di Ella e Stellan Skarsgård nei panni del Gran Duca, consigliere del Re, uomo tanto più attaccato al bene del Regno tanto meno che dei sentimenti del futuro Re. 

Il cast ben equilibrato, quindi, trova l'appoggio di un reparto tecnico veramente eccezionale. Le meravigliose scenografie del Premio Oscar italiano Dante Ferretti ricreano un regno incantato incredibilmente accurato: dalla rustica, ma raffinata magione di campagna della famiglia di Ella, allo sfarzoso ed entusiasmante Palazzo Reale i cui grandi lampadari, lavorati a mano a Venezia, illuminano il grande Salone del Ballo. I fiabeschi e scintillanti costumi realizzati dalla tre volte Premio Oscar Sandy Powell, sono...è così difficile descriverli: sono accecanti, nel modo più positivo del termine. Gli abiti dalle stoffe preziose sono un tripudio di colori e fantasia e riescono a delineare l'essenza del singolo personaggio: la Matrigna, ad esempio, veste abiti d'alta sartoria, sempre alla moda, simbolo dell'amore della donna verso la mondanità; le sorellastre, invece, utilizzano lo stesso abito ma dai colori complementari, come a mostrare la similarità e al tempo stesso la contrapposizione tra le due ragazze; ed infine Ella: qui, in realtà, servirebbe un discorso a parte, l'abito indossato al ballo è decisamente il più bello e sublime, e la scarpetta, veramente di cristallo (Swarovsky, per l'esattezza) è la conclusione di un quadro perfetto. Anche gli effetti speciali, seppur limitati ma ben dosati e ben costruiti, arricchiscono ancora di più una fotografia che ti lascia letteralmente a bocca aperta: la delicatezza e la brillantezza di luci sono una delizia per gli occhi. In tutto questo, anche la colonna sonora composta da Patrick Doyle, che ricorda in qualche modo le note di un'altro grande Classico Disney (anche qui, vi invito a scoprirlo da voi), chiude il mosaico di elementi che compongono Cinderella. 
Un grande plauso, infine, va quindi a Kenneth Branagh che è riuscito, ancora una volta, con ironia e passione, grazia e gentilezza, a coreografare una pellicola che difficilmente sarà dimenticata nell'immediato futuro. 

venerdì 6 marzo 2015

TWO NIGHT STAND con Analeigh Tipton e Miles Teller

Un incontro online, una notte di sesso, una bufera di neve che blocca la città.
Two Night Stand è la storia di Megan, da poco single, che in stile Bridget Jones, passa le giornate chiusa in casa, in pigiama, tra vino e pc. Sotto consiglio della coinquilina, che più di vederla realizzata, la vorrebbe fuori di casa, abborda, decisamente in fretta, un ragazzo in uno dei tanti siti di incontri online per una sana, sola e semplice notte di sesso.
Fin qui tutto ok, fin quando, la mattina seguente, una discussione fra i due e la porta bloccata da una esagerata bufera di neve, costringe Megan ed Alec a trascorrere più di una notte assieme. 
Sarà ovviamente l'occasione per conoscersi.



Film tutto sommato dimenticabile, uno tra i tanti, eppure godibilissimo nei suoi scarsi 90 minuti.
Anzitutto c'è la freschezza dei due attori protagonisti, che risaltano molto più dei personaggi secondari ridotti quasi a macchiette: Analeigh Tipton, già vista in Warm Bodies, The Green Hornet e Lucy, e Miles Teller, giovane attore del momento, protagonista nel pluripremiato agli Oscar Whiplash e prossimamente nel ruolo di Mr. Fantastic nel reboot dei Fantastici 4
C'è una bella alchimia tra i due e seppur trovandosi di fronte a certe situazioni e discussioni forse un po' irreali o già sentite (come gli stereotipi sull'approccio sessuale della donna e dell'uomo), il modo in cui sono raccontate riescono a strapparci un sorriso e ad incuriosirci verso il finale della storia.



Il film è stato diretto da Max Nichols, figlio di Mike Nichols regista de Il Laureato, ed è uscito nella sale americane il 26 settembre 2014.
Non ci sono notizie riguardo a una (ormai poco probabile) release italiana. Nel caso vogliate trascorrere una leggera e simpatica serata, ecco il link dove poter vedere il film sottotitolato.


lunedì 23 febbraio 2015

87TH ACADEMY AWARDS: Un Resoconto degli #Oscar2015

Con le proclamazioni dei vincitori dell'87esima edizione degli Academy Awards, abbiamo visto concludersi questa stagione di premi. Senza molte sorprese abbiamo visto trionfare il quartetto che ha spopolato negli ultimi mesi e vale a dire: 
Eddie Redmayne, Miglior Attore Protagonista per La Teoria del Tutto // Julianne Moore, Miglior Attrice Protagonista per Still Alice // J. K. Simmons Miglior Attore Non Protagonista per Whiplash // Patricia Arquette, Miglior Attrice Non Protagonista per Boyhood. 


Birdman si è aggiudicato invece le statuette di Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Fotografia e Miglior Sceneggiatura Originale, lasciando a bocca (semi) asciutta il favorito Boyhood
Molto bene è andato The Grand Budapest Hotel che, come da previsione, si è aggiudicato quattro premi tecnici: Costumi (Milena Canonero ha vinto il suo quarto Oscar), Trucco e Parrucco, Scenografia e Miglior Colonna Sonora composta da Alexandre Desplat.
A Whiplash, invece, sono andate in totale tre statuette: Attore Non Protagonista, Miglior Montaggio e Montaggio Sonoro.

Cliccando qui potrete trovare la lista completa dei vincitori: CINEMATOGRAPHE #Oscar2015

In quanto a cerimonia vera e propria, poco è riuscito a fare il successore di Ellen Degeneres, Neil Patrick Harris: cerimonia a tratti noiosa e senza speciali guizzi. Momenti degni di nota sono state le performance canore delle canzoni in gara a Best Original Song, il bel tributo di Lady Gaga ai 50 anni di Tutti Insieme Appassionatamente e la parodia forse un po' forzata di Birdman e Whiplash assieme all'attore protagonista Miles Teller.







Al Contrario, veri protagonisti son stati i vincitori delle statuette, dagli attori agli sceneggiatori, in particolare Graham Moore che ha accettato il suo Oscar alla Miglior Sceneggiatura Adattata per The Imitation Game con un discorso personale e toccante.



Sulla pagina Facebook ho pensato di creare tre differenti album con foto:



venerdì 20 febbraio 2015

The Road To Oscars: The Grand Budapest Hotel, Still Alice e Foxcatcher

Solo due giorni ci dividono dall'evento cinematografico dell'anno. Gli Academy Awards si terranno Domenica 22 Febbraio a Los Angeles, e finalmente, il red carpet e la cerimonia, potranno essere seguiti interamente ed in chiaro anche sul canale Cielo Tv del Digitale Terrestre a partire dalle ore 22.50. 
In questi ultimi giorni cerco di recuperare i film in lizza nelle maggiori categorie. Di seguito, un brevissimo commento ai film The Grand Budapest Hotel, Still Alice e Foxcatcher.



The Grand Budapest Hotel di Wes Anderson è, da un punto di vista soggettivo, Cinema puro. Ci sono diversi momenti narrativi e altrettanti diversi formati video che scandiscono i diversi momenti. C'è la regia unica e particolare di Anderson che compone una storia, tratta dalle opere di Stefan Zweig, colorata in tutti i sensi: i costumi, le scenografie, il trucco, la fotografia sono tanto importanti quanto la trama o le prove attoriali. Dettaglio ed eleganza pervadono il Grand Budapest Hotel dalla prima all'ultima scena. 
Nominato a 9 premi Oscar, ci si aspetta vinca nelle categorie "tecniche". 
Nel variegato cast troviamo: Ralph Fiennes, Tony Revolori, Saoirse Ronan, Bill Murray, Edward Norton, F. Murray Abraham, Harvey Keitel, Jude Law, Tilda Swinton, Jason Schwartzman, Willem Dafoe, Léa Seydoux, Owen Wilson, Adrien Brody, Tom Wilkinson, Bob Balaban, Mathieu Amalri e Jeff Goldblum.





Still Alice è il ritratto di una donna che è costretta a fronteggiare una malattia inaspettata: una rara forma di Alzheimer precoce ed ereditaria. Julianne Moore, favorita nella categoria di Miglior Attrice Protagonista, ci racconta, con pacatezza e senza esaltazione ma forte delicatezza, il progressivo deterioramento mentale di Alice. E' inoltre il quadro familiare che mette a nudo i legami di una famiglia scossa da un evento tragico: quando il perno centrale viene a vacillare, il nucleo non è più lo stesso. Molto bello è il rapporto tra madre e figlia minore, meno convincenti, però, sono le performance dei non protagonisti.
Il film diretto da  Richard Glatzer e Wash Westmoreland è l'adattamento del romanzo Perdersi di Lisa Genova. Nel cast troviamo anche Kristen Stewart, Kate Bosworth, Alec Baldwin e Hunter Parrish.





Foxcatcher è l'adattamento cinematografico dell'autobiografia Foxcatcher. Una storia vera di sport, sangue e follia scritta nel 2014 da Mark Schultz lottatore campione olimpico nel 1984 assieme a suo fratello Dave. E' quindi la storia di Mark/Channing Tatum che riceve da  John E. du Pont/Steve Carell la proposta di entrare a far parte della squadra di campioni da lui fondata, il Team Foxcatcher. L'atleta, spinto anche dalla sensazione di essere oscurato dalla fama del fratello Dave, interpretato da Mark Ruffalo, accetta l'offerta e si trasferisce in Pennsylvania. La pellicola pone le sue fondamenta sulle grandi interpretazioni degli attori protagonisti a partire da un irriconoscibilissimo Steve Carell che, con una calma (apparente) opprimente e soffocante, è la personificazione una bomba ad orologeria pronta ad esplodere; straordinario è, come sempre, anche Ruffalo e un sorprendente Tatum, finalmente in un ruolo dove il fisico, seppur presente, non è in prima linea, dimostra la sua versatilità nell'interpretazione psicologica del suo personaggio.
Diretto da Bennett Miller, Foxcatcher annovera nel cast anche Sienna Miller, Anthony Michael Hall e Vanessa Redgrave. E' nominato a cinque Premi Oscar.



lunedì 9 febbraio 2015

Lo strano caso del fan sfegatato. Un pensiero postBAFTA.

Essere fan di gente di spettacolo, attori, attrici è difficile: spesso si rischia di diventare ossessivi nei confronti di qualcuno e, proprio durante un periodo importante come la stagione dei premi, quello che dovrebbe essere un tifo spassionato, diventa una mera carneficina come quella tra i peggiori ultras che, a lor dire, sostengono la loro squadra del cuore.



Fatta questa premessa, penso sia chiaro a chi sia indirizzato il mio pensiero. Eddie Redmayne vs. le/i fan di Benedict Cumberbatch. Essendo io stessa una grande sostenitrice di quest’ultimo, capisco il rammarico di non poter veder trionfare il proprio attore o attrice del cuore, eppure gioisco nel veder vincere un concorrente che, molto semplicemente, con un pizzico in più, ha meritato il premio. Non che il Signor Cumberbatch non lo meritasse a sua volta, quel Bafta o quel Golden Globe, però, sarà il film, sarà il ruolo, saranno state le scene ancor più toccanti, saranno state una miriade di variabili, il vincente sulla carta è Redmayne e non è un male.

Mi è quindi triste e sgradevole leggere di commenti denigratori, ma privi di senso, verso un altro attore che meritatamente sta facendo incetta di premi. Sarebbe molto più sportivo essere obiettivi e pensare, prima di tutto, all’immensa interpretazione di Benedict Cumberbatch, come quella di Michael Keaton e alle altre grandi interpretazioni di quest’anno. 
Un premio è importante relativamente, certo ti pone su un gradino più alto, è innegabile, ma quanti di noi ricordano un ruolo semplicemente perché x ha vinto quel determinato premio? Non viene ricordata maggiormente l’interpretazione e l’emozione che questa ci ha lasciato?



I vincitori del premio BAFTA 2015 (X)
Le foto della serata (x)

sabato 7 febbraio 2015

The Road To Oscars: The Imitation Game e Birdman

Gli Oscar si avvicinano e, come da qualche anno a questa parte, mi piace arrivare all’evento cinematografico dell’anno preparata e pronta a tifate il mio film e attore e attrice preferiti.
Dopo aver visto e parlato di The Theory of Everything, biopic dedicato al cosmologo e scienziato Stephen Hawking, con protagonista un eccezionale Eddie Redmayne, ho continuato lo studio guardando altre due pellicole nominate, come La teoria del Tutto (e non solo), a Miglior Film e Migliore Attore Protagonista: The Imitation Game e Birdman (o l’imprevedibile virtù dell’ignoranza).
Due pellicole totalmente diverse che eppure si contendono le stesse statuette. (Potete leggere qui tutte le nominations alla statuetta d’Oro.)



The Imitation Game è la storia di Alan Turing, da tutti conosciuto come precursore del personal computer, è colui che ha decifrato il Codice Enigma durante la Seconda Guerra Mondiale, aiutando la Gran Bretagna e gli Stati Uniti d’America a vincere il conflitto contro la Germania Nazista. E’ il ritratto di un grande uomo che ha dovuto combattere non solo contro la guerra, ma anche contro tutte quelle persone che non hanno mai accettato il suo orientamento sessuale: Alan era omosessuale.
The Imitation Game si sviluppa, attraverso dei flashback, secondo il racconto dello stesso Alan, interpretato da un magistrale Benedict Cumberbatch, che in sede di interrogatorio dopo un furto nella sua abitazione e le accuse di omosessualità, ripercorre gli anni di lavoro presso i servizi segreti della Gran Bretagna. E’ il ritratto di un uomo dal carattere solitario, un genio della matematica, e perseguitato fisicamente e psicologicamente fino alla morte dalle stesse autorità del suo Paese. L’attore protagonista descrive molto bene le gioie del successo e le sofferenze di un uomo, praticamente abbandonato da coloro i quali egli ha prestato servizio.
Il film di per sé, non spicca di eccezionalità, l’utilizzo di immagini documentario che mostrano i momenti della guerra e una voce fuoricampo che fa da cronaca, mal si sposa con lo stile del film, d’altra parte, è proprio la performance dell’attore protagonista, accompagnato da buoni co-protagonisti come Keira Knightley, Charles Dance, Matthew Goode e Mark Strong, mantengono a galla un The Imitation Game registicamente debole. E’ comunque un film che certamente va visto, non necessariamente per le qualità tecniche senza infamia e senza lode del  film, il montaggio è umile e manca di originalità, quanto per la storia di un grande uomo che ha fatto la Storia, se mi permettete il giro di parole, ma dimenticato e condannato dal bigottismo della gente.



Come dal bianco al nero, Birdman, ultima fatica dell’eccentrico regista  Alejandro González Iñárritu, non può essere più diverso dal film precedente. Con un impianto quasi satirico nei confronti di un cinema sempre più orientato verso i Cinecomic e i Blockbusters che si servono si sequel, reboot e remake, è la storia di un attore legato, anzi intrappolato, nel ruolo iconico dell’Uomo Uccello, che nel pieno del decadimento artistico, prova a distaccarsi da questa ombra portando in scena uno spettacolo a Broadway. Con un impianto registico costituito interamente da piani sequenza che seguono ininterrottamente i movimenti degli attori, entriamo non solo nella testa di Riggan Thompson, interpretato da Michael Keaton, finalmente tornato in una prova degna del suo nome, ma anche in quelle dei personaggi che gli girano attorno: c’è la figlia Sam, ex tossicodipendente ora assistente del padre-attore, una ragazza instabile eppure potente e scioccante che mette di fronte a suo padre una vita fatta di assenze ed indifferenza: è interpretata da una immensa Emma Stone candidata nella categoria di Miglior Attrice Non Protagonista; c’è Mike Shiner, il collega rivale, che non finge nel suo lavoro, ma recita nella vita reale: Edward Norton ha più che meritato la candidatura a Miglior Attore Protagonista; c’è il manager-amico Jake, certamente più interessato all’immagine pubblica del suo cliente più che alla sua salute fisica e mentale: ne veste i panni un irriconoscibile Zach Galifianakis che ben si presta ad un ruolo totalmente diverso dai suoi soliti; infine da non dimenticare la performance di  Naomi Watts, la fragile  collega di Riggan.
Birdman è una pellicola inquieta. Il ritmo improvvisato di una batteria ci accompagna per tutta la durata del film come se un’ombra oscura aleggiasse continuamente nelle menti dei personaggi. Come da sottotitolo, è imprevedibile, e l’ombra di Birdman che segue Riggan è l’alterego di un artista incapace di scrollarsi di dosso il personaggio che lo ha reso famoso. Da un punto di vista potrebbe rivelarsi come la storia dello stesso Keaton, ricordato soprattutto per il suo Batman, a lungo fuori dal Cinema impegnato e critico verso i colleghi del momento: implicite sono le frecciatine ai supereroi di oggi.

E’ un film certamente di non facile comprensione, ma che sfida lo spettatore a un Cinema diverso anche grazie ad una regia innegabilmente unica. Lo consiglio quindi a chi vuole vedere qualcosa di strano ed assurdo: alla fine del film, lo amerete o lo odierete; non ci saranno sfumature di alcun tipo. 


sabato 24 gennaio 2015

La Teoria del Tutto: La recensione



Nominato ai prossimi Premi Oscar in 5 categorie tra cui Miglior Film e Miglior Attore Protagonista, La Teoria del Tutto (The Theory Of Everything) è la storia di Jane e Stephen Hawking
Più che del lavoro del cosmologo più famoso al mondo, il film ripercorre la storia matrimoniale di Stephen e delle difficoltà della vita domestica dovute alla malattia.
La Teoria del Tutto, diretta da James Marsh,  è l'adattamento cinematografico della biografia Verso l'infinito (Travelling to Infinity: My Life With Stephen), scritta da Jane Wilde Hawking, ex-moglie del fisico. Con un punto di vista più orientato verso Jane, infatti, la storia comincia quando i due si incontrano durante una festa in quel di Cambridge nel 1963 e si dispiega attraverso gli anni travagliati eppure felici del matrimonio.



E’ un film molto intimo che ci permette, grazie all’incredibile interpretazione di Eddie Redmayne, vincitore tra l'altro del Golden Globe, di conoscere la persona dietro il personaggio pubblico: Stephen, venuto a conoscenza della malattia motoneuronale che lo avrebbe tenuto in vita, a detta dei medici, per soli due anni, viene scaraventato fuori dalla depressione da Jane, che, con forza e determinazione, inizia a prendersi cura dell’uomo che sarà suo marito per oltre 25 anni. Conosciamo le dinamiche familiari della coppia, il senso dell’umorismo di lui, la voglia di continuare a lavorare, l’illusione di un’esistenza normale, l’amore di lei e successivamente il peso che una malattia degenerativa comporta e la perdita della certezza che fino a qualche anno prima era inconfutabile. 
Non è questo, ovviamente, il luogo adatto per poter giudicare le scelte personali dei due protagonisti: sappiamo, infatti, che il fisico e Jane divorziarono nel 1991 e nel 1995 convolò nuovamente a nozze con l’allora infermiera personale Elaine Mason interpretata da Maxine Peake. Jane, d’altra parte sposò Jonathan Hellyer Jones,  insegnante di musica, che si inserì pian piano nella famiglia Hawking prima dell’arrivo di Elaine.



E’ certamente una pellicola sincera, commovente, toccante e, da un punto di vista soggettivo, esemplare: da parte di Stephen, la determinazione di un uomo distrutto fisicamente, accompagnato nei suoi successi lavorativi da una donna che lo ha, semplicemente, allontanato, alcune volte anche prepotentemente, dall’abisso: Felicity Jones con la sua intensa interpretazione è in lizza tra le candidate all’Oscar per Miglior Attrice Protagonista
Unica pecca del film, è probabilmente l’aver messo in secondo piano il lavoro dello scienziato, trattato solamente in piccola parte nella parte iniziale del film e non approfondito del tutto: da questo punto di vista, il film per la tv del 2006, Hawking, che vede protagonista il concorrente all’Oscar per The Imitation Game, Benedict Cumberbatch, è più esplicativo.
La fotografia che gioca su primi piani, in alcune scene un po’ ricorda i filmini amatoriali in pellicola, dando così un’atmosfera retrò a tutto il film. L’intensa e bellissima colonna sonora, vincitrice del Golden Globe, scritta da Johann Jòhansson, accompagnano le sequenze della Teoria del Tutto amalgamandole in un’elegante danza che trasporta lo spettatore all’interno della storia. Inoltre se ci si fa caso, è possibile notare un accenno alla colonna sonora di Nuovo Cinema Paradiso di Ennio Morricone nel brano The Wedding: che sia un riferimento voluto o meno, di sicuro non può che arricchire una soundtrack perfetta per il film in questione.




Stephen Hawking ha apprezzato il film e sulla sua pagina Facebook ha scritto:
“Watching the The Theory of Everything Movie at the London premiere last night was an intense emotional experience for me. It is perhaps the closest I will come to time travel. Based on Jane's book, it follows our life together exploring the mysteries of the universe. I enjoyed watching it with my family and friends, and I hope audiences around the world enjoy it as well. –SH”





Inoltre, congratulandosi per l’interpretazione eccezionale di Eddie Redmayne scrive:

“Congratulations to Eddie Redmayne on his winning the Golden Globes Award for Best Actor in The Theory of Everything Movie. He looked like me, acted like me, and had my sense of humor. –SH”

lunedì 12 gennaio 2015

72nd GOLDEN GLOBE AWARDS: Tutti i Vincitori!

Sono stati assegnati, questa notte, al Beverly Hilton Hotel di Los Angeles i 72esimi Golden Globes per categorie cinematografiche e televisive. La serata è stata condotta per la terza ed ultima volta dall'irriverente duo Tina Fey/Amy Poehler.
Qui di seguito, tutte le nominations e i vincitori in grassetto:



Miglior Film Drammatico
Boyhood
Foxcathcer
The Imitation Game
Selma
La Teoria del Tutto

Miglior Film Commedia o Musicale
Birdman
Grand Budapest Hotel
Into the Woods
Pride
St. Vincent

Miglior Regista
Wes Anderson, Grand Budapest Hotel
Ava DuVernay,  Selma
David Fincher, Gone Girl-  L’Amore Bugiardo
Alejandro Gonzales Inarritu, Birdman
Richard Linklater, Boyhood

Miglior Attore in un Film Drammatico
Steve Carrell, Foxcatcher
Benedict Cumberbatch, The Imitation Game
Jake Gyllenhaal, Nightcrawer – Lo Sciacallo
David Oyelowo, Selma
Eddie Redmayne, La Teoria del Tutto

Miglior Attore in un Film Commedia o Musicale
Ralph Fiennes, Grand Budapest Hotel
Michael Keaton, Birdman
Bill Murray, St. Vincent
Joaquin Phoenix, Vizio di forma
Christoph Waltz, Big Eyes

Miglior Attrice in un Film Drammatico
Jennifer Aniston, Cake
Felicity Jones, La Teoria del Tutto
Julianne Moore, Still Alice
Rosamund Pike, Gone Girl – L’Amore Bugiardo
Reese Whitherspoon, Wild

Miglior Attrice in un Film Commedia o Musicale
Amy Adams, Big Eyes
Emily Blunt, Into the Woods
Helen Mirren, Amore, Cucina e Curry
Julianne Moore, Maps to the Stars
Quuenzhane Wallis, Annie

Miglior Attrice non Protagonista
Patricia Arquette, Boyhood
Jessica Chastain, A Most Violent Year
Keira Knightley, The Imitation Game
Emma Stone, Birdman
Meryl Streep, Into the Woods

Miglior Attore non Protagonista
Robert Duvall, The Judge
Ethan Hawke, Boyhood
Edward Norton, Birdman
Mark Ruffalo, Foxcatcher
J.K. Simmons, Whiplash

Miglior Film in Lingua non Inglese
Force Majeure
Viviane
Ida
Tangerines Mandariinid
Leviathan

Miglior Colonna Sonora
Alexandre Desplat, The Imitation Game
Johann Johannsson, La Teoria del Tutto
Trent Reznor, Atticus Ross, Gone Girl – L’Amore Bugiardo
Antonio Sanchez, Birdman
Hans Zimmer, Interstellar

Miglior Canzone Originale
“Big Eyes”, Big Eyes
“Glory”, Selma
“Mercy Is”, Noah
“Opportunity”, Annie
“Yellow Flicker Beat”, Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte 1

Miglior Sceneggiatura
Wes Anderson, The Grand Budapest Hotel
Gillian Flynn, Gone Girl – L’Amore Bugiardo
Alejandro Gonzalez Inarritu, Nicolas Giacobone, Alexander Dinelaris, Armando Bo, Birdman
Richard Linklater, Boyhood
Graham Moore, The Imitation Game

Miglior Film d’Animazione
Big Hero 6
Il libro della vita
Boxtrolls
Dragon Trainer 2
The Lego Movie

Golden Globe alla Carriera – Premio Cecil B. DeMille
George Clooney

Miglior Serie Drama
The Affair
Downton Abbey
Game of Thrones
The Good Wife
House of Cards

Miglior Attore in una Serie Drama
Clive Owen, The Knick
Liev Schreiber, Ray Donovan
Kevin Spacey, House of Cards
James Spader, The Blacklist
Dominic West, The Affair

Miglior Attrice in una Serie Drama
Claire Danes, Homeland
Viola Davis, How to Get Away With Murder
Julianna Margulies, The Good Wife
Ruth Wilson, The Affair
Robin Wright, House of Cards

Miglior Serie Comedy o Musicale
Girls
Jane the Virgin
Orange Is the New Black
Silicon Valley
Transparent

Miglior Attrice in una Serie Comedy o Musicale
Lena Dunham, Girls
Edie Falco, Nurse Jackie
Julia Louis-Dreyfus, Veep
Gina Rodriguez, Jane the Virgin
Taylor Schilling, Orange Is the New Black

Miglior Attore in una Serie Comedy o Musicale
Louis C.K., Louie
Don Cheadle, House of Lies
Ricky Gervais, Derek
William H. Macy, Shameless
Jeffrey Tambor, Transparent

Miglior Film TV o Miniserie
Fargo
The Missing
The Normal Heart
Olive Kitteridge
True Detective

Miglior Attore in un Film TV o una Miniserie
Martin Freeman, Fargo
Woody Harrelson, True Detective
Matthew McConaughey, True Detective
Mark Ruffalo, The Normal Heart
Billy Bob Thornton, Fargo

Miglior Attrice in un Film TV o una Miniserie
Maggie Gyllenhaal, The Honorable Woman
Jessica Lange, American Horror Story: Freak Show
Frances McDormand, Olive Kitteridge
Frances O’Connor, The Missing
Allison Tolman, Fargo

Miglior Attrice non protagonista in un Film TV o una Miniserie
Uzo Aduba, Orange Is the New Black
Kathy Bates, American Horror Story: Freak Show
Joanne Froggatt, Downton Abbey
Allison Janney, Mom
Michelle Monaghan, True Detective

Miglior Attore non protagonista in un Film TV o una Miniserie
Matt Bomer, The Normal Heart
Alan Cumming, The Good Wife
Colin Hanks, Fargo
Bill Murray, Olive Kitteridge
Jon Voight, Ray Donovan



Foto dal RED CARPET
Foto dalla CERIMONIA

domenica 4 gennaio 2015

LO HOBBIT: La Battaglia delle Cinque Armate - La conclusione del viaggio.

Ci siamo, il viaggio è concluso. Cosa resta?

Dopo aver visto l'ultimo capitolo della trilogia, a mezzanotte di martedì 16 Dicembre nell'ambito della grande maratona Hobbit, decisi che prima di commentarlo lo avrei rivisto soprattutto per poter avere una visione d'insieme dell'intera saga, non facendomi coinvolgere totalmente dalle emozioni che la prima aveva suscitato.



La Battaglia delle Cinque Armate si apre esattamente nell'istante in cui si conclude La Desolazione di Smaug*. Forse, ancora di più rispetto allo stacco tra Un Viaggio Inaspettato* e il film successivo, sembra ci si trovi davanti ad un unico grande lungometraggio.

*Potere leggere le recensioni del primo e secondo film nel sito di cinema Cinematographe.it

Quando, nel 2012, Un Viaggio Inaspettato era ancora in post-produzione, Peter Jackson assieme al gruppo di produttori, in particolare Fran Walsh e Philippa Boyens, pensarono di poter realizzare una trilogia usufruendo del vasto materiale Tolkenieno presente nelle appendici del Signore degli Anelli. Il previsto Andata e Ritorno lasciò quindi il posto alla Desolazione di Smaug prima e La Battaglia delle Cinque armate poi.
Questo ultimo capitolo è, in durata, il più corto dei tre ed è un doppio anello che chiude non solo la nuova trilogia, ma funge da conclusione e collegamento perfetto con l'esalogia Jacksoniana.



Anche se non necessario, viene spontaneo paragonare Lo Hobbit al Signore degli Anelli. Nella nuova trilogia, ci sono molte citazioni alla vecchia e la regia di Peter Jackson appare chiara più volte. Non per questo Lo Hobbit è una mera fotocopia della sua progenie, ben altro, se ne discosta in giusta misura rendendolo a sua volta un prodotto unico: in primo luogo nei toni del racconto, molto più leggeri rispetto al manoscritto più famoso del professore (Lord of The Rings). Eppure La Battaglia delle cinque armate, come Il Ritorno del Re, è tanto risolutivo quanto epico seppur in maniera diversa. C'è molta intimità ed interiorità, e la trama orizzontale è intervallata da profondi momenti in cui un personaggio si dischiude allo spettatore.



Notevole ed affascinante è il percorso psicologico di Thorin Scudodiquercia, interpretato magistralmente da Richard Armitage. La sua scena essenziale, che si colloca prima della battaglia finale, è un'autentica distruzione e rinascita mentale, nonchè probabilmente una delle migliori rappresentazioni del suo personaggio.
A tenergli testa, ancor prima del protagonista, è il Re degli Elfi Silvani: il Thranduil di Lee Pace è determinato a riappropriarsi di ciò che pensa essere suo, ed è molto più simile a Thorin di quanto non si creda; anche il suo percorso narrativo è interessante ed è magnificamente interpretato dall'attore che lo impersona.
Grande rivelazione e gioiello della trilogia e in particolare del film conclusivo è lo Hobbit in persona: Martin Freeman. L'attore inglese, ormai a suo agio nei panni di Bilbo Baggins, ci mostra uno hobbit radicalmente cambiato rispetto alla partenza con la compagnia dei nani di Erebor: non solo ha trovato il coraggio e la determinazione nell'affrontare i nemici e gli amici, ma la sicurezza interiore e quella voglia di avventura che inizialmente sembrava impossibile da raggiungere. E Martin Freeman non si serve solo di parole per esprimere un’emozione o un turbamento: è sufficiente perdersi nelle sue espressioni facciali e sguardi per poter cogliere ciò che passa per la testa allo hobbit.
Non vanno dimenticati gli altri importanti membri del cast tutti perfettamente incastonati come fili intrecciati di una grande tela. Oltre alle garanzie sempre in ottima forma come Ian McKellen/Gandalf, Cate Blanchett/Galadriel o ancora Orlando Bloom/Legolas, sono da citare in particolare Luke Evans/Bard l’Arciere, portavoce degli uomini, tanto leader quanto padre di famiglia (maestosa la scena in cui lo vede fronteggiarsi contro Smaug), e Ryan Gage, il subdolo e stupido Alfrid, braccio destro del Governatore di Pontelagolungo, ci regala un’interpretazione tanto fastidiosa quanto geniale per il personaggio in questione.



I 149 minuti si sviluppano senza giri di parole: la battaglia è vicina e le pedine si posizionano attorno al campo di battaglia. La guerra, che sembra dilungarsi, in realtà utilizza il tempo necessario per districarsi e quindi concludersi. La Battaglia delle cinque armate che si fronteggiano tra le rovine della città di Dale e la Montagna Solitaria è ben lontana dalla grandezza dell’enorme scontro finale nel Ritorno del Re, ma certamente non meno epica. Elfi, nani, uomini, orchi ed aquile combattono e lo spettacolo visivo dell’HFR 3D ti trasporta letteralmente all’interno del conflitto.



I sentimenti non mancano: c’è amicizia, fratellanza, famiglia, amore: l’introduzione del personaggio di Tauriel, l’elfa interpretata da Evangeline Lilly, in una storia prevalentemente maschile, non denaturalizza la storia originale, ma la arricchisce con una componente romantica tutt’altro che sterile.



La Battaglia delle Cinque Armate è la degna conclusione di una trilogia realizzata con anima e cuore. Peter Jackson, da grande fan quale è, ha raggiunto l’obiettivo prefissato: soddisfare il fan di Tolkien e delle vicende nella Terra di Mezzo prima della Guerra per l’Unico Anello. C’è riuscito nella sua prima trilogia e c’è riuscito anche qui.
Ovviamente i tre film non sono esenti da difetti di forma e/o scelte non necessarie prese esclusivamente per esigenze cinematografiche, ma è innegabile la passione messa non solo dal regista, ma da tutta la crew che ha lavorato per anni a Lo Hobbit.
A tal proposito consiglio a tutti gli appassionati, la visione dei contenuti speciali delle edizioni estese: è incredibile vedere la lavorazione dei film, le riprese, la cura dei dettagli dei piccoli oggetti e delle grandi scenografie, i concept artistici, il suono, gli stupefacenti effetti speciali e tanto altro ancora.



Probabilmente questa trilogia non sarà ricordata come la sua precedente, la cui fama è cresciuta negli anni, e non è necessariamente un male. Il grande plauso che diamo a Lo Hobbit è anche il ringraziamento per averci riportato nella Terra di Mezzo, per averci fatto conoscere nuovi straordinari personaggi e fatti reincontrare altri, tanto amati, averci fatto vivere una grandissima ed emozionante avventura.

Grazie,

Farewell.